mercoledì 14 maggio 2008

SOSPENSIONE DEL BLOG

Vi rimando ai seguenti link:

http://www.gruppofamigliecristore.it/

http://www.lachiesa.it/

http://www.pastoralefamiliare.it/homepage.htm

venerdì 9 maggio 2008

omelia a cura della Comunità Missionaria Villaregia (giovani)

Abbiamo in questa pagina del Vangelo uno dei colloqui più belli di Gesù con i suoi discepoli, ma direi con l'uomo. Un colloquio intimo, personale. L'iniziativa ancora una volta è di Gesù: "Simone di Giovanni mi ami tu più di costoro?". Gesù si rivolge a Pietro non con il nome che lui gli aveva dato ponendolo a capo della Chiesa: "Pietro, su questa Pietra edificherò la mia chiesa". Lo chiama con il nome che Pietro aveva prima di incontrare Gesù: Simone di Giovanni. Come dicesse a Pietro: So chi sei, sei l'uomo fragile, l'uomo che ho incontrato un giorno sulla spiaggia, un pescatore, figlio dell'uomo fragile, figlio di una generazione di uomini fragili, peccatori... Ti conosco Pietro. Avevi promesso che avresti dato la tua vita per me, ma non hai saputo nemmeno restare mio discepolo e prima che il gallo cantasse mi hai rinnegato tre volte. Conosco la tua fragilità, Pietro e per questo ti chiedo ancora: "Mi ami tu più di costoro?". La risposta di Pietro è la risposta umile di colui che pur avendo tradito sa di desiderare più di tutto di amare il Signore: "Signore, tu lo sai che ti amo." E' come se Pietro dicesse: Signore, lo sai, farei qualsiasi cosa per te." Qui, in questo colloquio, Pietro riceve in modo definitivo la sua vocazione. Una vocazione che per tutti è prima di tutto una chiamata all'amore.
In questa domanda di Gesù mi sono sempre chiesta perché Gesù dice a Pietro: "Mi ami più di costoro?" Tradizionalmente si dice che Pietro doveva amarlo più di tutti proprio perché era posto a capo della Chiesa, a lui veniva infatti affidato il gregge di Gesù: l'umanità. Ma mi piace pensare che Gesù rivolge a ciascuno di noi questa domanda: "Emanuela, mi ami tu più di costoro?" E' una domanda che Gesù rivolge a ciascuno in modo personale, ci raggiunge nella profondità del nostro essere: non importa quanto gli altri amino Gesù, io sono disposta ad amarlo più di tutti gli altri? L'amore per essere vero e autentico è anzitutto personale, solo così potrà diventare universale. Solo se sappiamo amare Gesù al di sopra di tutto e di tutti, saremo in grado di amare gli altri nella loro verità e con purezza di cuore.

Venerdi 9

I santi di oggi:

San Pacomio Abate

Santi Trecentodieci martiri di Persia

San Dionigi di Vienne Vescovo

San Geronzio di Cervia Vescovo

San Giuseppe Do Quang Hien Martire

Sant' Erma di Roma

San Beato Eremita e apostolo della Svizzera

San Banban Sapiens


+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, quando si fu manifestato ai discepoli ed essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”.
Gli disse di nuovo: “Simone di Giovanni, mi ami?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo”. Gli disse: “Pasci le mie pecorelle”.
Gli disse per la terza volta: “Simone di Giovanni, mi ami?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi ami?, e gli disse: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo”. Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecorelle. In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”.
Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi”.

Parola del Signore

giovedì 8 maggio 2008

Omelia dell'eremo di San Biagio

Come vivere questa Parola?
Gesù ha dato agli apostoli la gloria ricevuta dal Padre chiamandoli alla sua sequela. Questa gloria è dunque Cristo stesso: la sua vita morte e risurrezione.
La gloria di Gesù non è trionfalismo ma movimento di servizio: splende nel sue essere docile al Padre e nel suo donarsi al mondo. Questa la sua vita!
Gli apostoli, e oggi la Chiesa, divengono 'luogo' della gloria nella misura in cui si fanno servi obbedienti e trasparenti all'Amore. Infatti la glorificazione di Gesù non è il successo apostolico dei discepoli, di noi, di ciascuno di noi, ma la loro, la nostra stessa esistenza. Un'esistenza radicata in Cristo: nel kathòs (= come) tra Lui e il Padre, cioè nel "siano uno come noi".
L'unione del Padre con Gesù è il modello e la fonte di ogni unità ed è il 'luogo' della glorificazione della Trinità e di ogni creatura che ne porta l'impronta. A questa unità siamo chiamati! Questa unità siamo chiamati a costruire!
"Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità". È una unità che viene dall'alto "Io in loro e tu in me", la sua origine è gratuita e invisibile, ma ha uno scopo che richiede visibilità: "affinché credano". Invisibile l'origine ma visibili gli effetti. L'unità diventa allora amore diffusivo ed effusivo: generosità, empatia, amicizia, servizio, comunione, dono di sé, gioia e... gloria!

Oggi nel mio rientro al cuore pregherò lo Spirito Santo perché mi doni di entrare, misticamente, nel "siano uno come noi". E lì, nel cuore della Trinità, pregherò:

Vieni in me Gesù, col Padre nello Spirito Santo, perché la mia vita sia un umile e appassionato servizio all'unità.

La voce di un Padre apostolico
Dovete formare un solo coro, prendendo tutti la nota da Dio, concertando nella più stretta armonia, per inneggiare a una voce al Padre per mezzo di Gesù Cristo; egli vi ascolterà e riconoscerà, dalle vostre opere, che voi siete il canto del suo Figlio.
Ignazio di Antiochia

Giovedi 8

I santi di oggi:


Madonna del Rosario di Pompei

Sant' Arsenio

Sant' Elladio di Auxerre Vescovo

San Gibriano

Sant' Ida (Ita) Monaca a Nivelles

San Desiderato di Bourges Vescovo

San Metrone Venerato a Verona

San Martino di Saujon Abate

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù, alzati gli occhi al cielo, così pregò: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato.
E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro”.

Parola del Signore

mercoledì 7 maggio 2008

Omelia a cura dei Monaci Benedettini Silvestrini

Ora la preghiera di Gesù per i discepoli prende in considerazione la situazione di questi nel mondo, dopo la sua definitiva partenza. "Padre santo, custodisci nel tuo nome, coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola come noi". Gesù avverte il bisogno di raccomandarli a lui in modo del tutto speciale, perché siano mantenuti in quella sfera divina che è stata loro prospettata da lui stesso. Tale implorazione è indirizzata al "Padre santo", attributo che esprime una vicinanza riconoscente e quindi rassicurante per loro. Gesù ha fatto tutto il possibile per mantenerli in questo clima di amore, tranne "il figlio della perdizione", ai quali poi ha trasmesso la parola del Padre, ma ora li vede minacciati dal mondo che li odia, perché non gli appartengono. Perciò la sua premura nei loro confronti giunge sino ad invocare la sua potenza, affinché "li custodisca dal maligno". Questa elezione dei discepoli, che equivale anche ad una separazione, è in vista della loro "consacrazione nella verità". Subito si precisa che tale verità è la parola del Padre, che Gesù ha fatto conoscere ai suoi. Anche Gesù ha "consacrato se stesso", facendosi obbediente al Padre sino a offrire la sua vita in sacrificio. Tale testimonianza sacrificale è ormai norma e modello anche per la santificazione dei discepoli. Questi, e fra di essi ci siamo noi, ricevono dal Padre l'iniziativa che li santifica, ma a questa santificazione debbono tendere, vedendo in Gesù l'esempio di obbedienza totale e di donazione piena. Come tu mi hai mandato, anch'io ho mandato loro, per questo consacro me stesso, perché siano anch'essi "consacrati nella verità".

Mercoledi 7

I santi di oggi:


Santa Flavia Domitilla Martire

Sant' Agostino di Nicomedia Martire

San Giovanni di Beverley Vescovo

San Maurelio Vescovo di Voghenza - Ferrara

San Cerenico (Cenerico) Diacono in Normandia

Sant' Agostino Roscelli

Santa Rosa Venerini

San Flavio di Nicomedia Martire

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù, alzati gli occhi al cielo, così pregò: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.
Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità”.

Parola del Signore

martedì 6 maggio 2008

Omelia a cura dei Carmelitani

3) Riflessione

• Nei vangeli di oggi, di domani e di dopo domani, mediteremo le parole che Gesù rivolse al Padre nel momento del congedo. Giovanni conserva queste parole e le pone in bocca a Gesù durante il suo ultimo incontro con i discepoli. E' il Testamento di Gesù in forma di preghiera, chiamata anche Preghiera Sacerdotale (Gv 17,1-26).
• Il capitolo 17 del vangelo di Giovanni è il finale di una lunga riflessione di Gesù, iniziata nel capitolo 15, sulla sua missione nel mondo. Le comunità conservarono queste riflessioni per poter capire meglio il momento difficile che loro stavano attraversando: tribolazione, abbandono, dubbi, persecuzione. La lunga riflessione termina con la preghiera di Gesù per le comunità. In essa spuntano i sentimenti e le preoccupazioni che, secondo l'evangelista, abitavano Gesù in quel momento in cui stava uscendo da questo mondo e andando verso il Padre. Con questi sentimenti e con questa preoccupazione Gesù ora si trova davanti a suo Padre, intercedendo per noi. Per questo, la Preghiera Sacerdotale è anche il Testamento di Gesù. Molte persone, nel momento di andarsene per sempre, lasciano qualche messaggio. Tutti conservano parole importanti del padre e della madre, soprattutto quando sono gli ultimi momenti della vita. Conservare queste parole è come conservare le persone. E' una forma di rispetto ed affetto.
• Il capitolo 17 è un testo diverso. Più di amicizia che di ragionamento. Per coglierne bene tutto il senso, non basta riflettere con la testa, con la ragione. Questo testo deve essere meditato ed accolto anche nel cuore. E' un testo non tanto da discutere, quanto da meditare e riflettere. Per questo, non ti preoccupare se non capisci tutto immediatamente. Il testo esige tutta una vita per meditarlo ed approfondirlo. Un testo così, deve essere letto, meditato, pensato, letto di nuovo, ripetuto, assaporato come si fa con una buona caramella in bocca. La si gira e rigira in bocca fino a terminarla. Per questo, chiudi gli occhi, fai silenzio dentro di te ed ascolta Gesù che ti parla, trasmettendo nel Testamento la sua maggiore preoccupazione, la sua ultima volontà. Cerca di scoprire qual è il punto su cui Gesù insiste di più e che considera il più importante.
• Giovanni 17,1-3: "Padre, è giunta l'ora!" E' l'ora lungamente attesa (Gv 2,4; 7,30; 8,20; 12,23.27; 13,1; 16,32). E' il momento della glorificazione che si farà mediante la passione, morte e risurrezione. Nel giungere al termine della sua missione, Gesù guarda indietro e procede ad una revisione. In questa preghiera, lui esprime il sentimento più intimo del suo cuore e la scoperta profonda della sua anima: la presenza del Padre nella sua vita.
• Giovanni 17,4-8: Padre, riconosceranno che vengo da Te! Nel rivedere la propria vita, Gesù vede se stesso come una manifestazione del Padre per gli amici che il Padre gli ha dato. Gesù non vive per se stesso. Vive affinché tutti possano avere un lampo di bontà e di amore che sono racchiusi nel Nome di Dio che è Abba, Padre.
• Giovanni 17,9-11a: Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie! Nel momento di lasciare il mondo, Gesù espone al Padre la sua preoccupazione e prega per gli amici che lui si lascia dietro. E che continuano nel mondo, ma non sono del mondo. Sono di Gesù, sono di Dio, sono segni di Dio e di Gesù in questo mondo. Gesù si preoccupa delle persone che restano, e prega per loro.


4) Per un confronto personale

• Quali sono le parole di persone a cui vuoi bene che orientano la tua vita? Se stessi per morire, quale messaggio vorresti lasciare alla tua famiglia e alla tua comunità?
• Qual è la frase del Testamento di Gesù che più ti ha colpito? Perché?

Martedi 6

I santi di oggi:


San Pietro Nolasco Fondatore dei Mercedari

San Venerio di Milano Vescovo

Santi Mariano e Giacomo Martiri di Lambesa

Santa Benedetta di Roma Vergine

Sant' Edberto di Lindisfarne Vescovo

San Lucio di Cirene Vescovo

Beati Edoardo Jones e Antonio Middleton Martiri

Beato Bartolomeo Pucci-Franceschi Sacerdote francescano

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.
Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te”.

Parola del Signore

domenica 4 maggio 2008

Messaggio del 2 maggio 2008 ( Mirjana )

Cari figli ! Per la volontà di Dio sono qui con voi in questo luogo. Desidero che apriate i vostri cuori e che mi riceviate come Madre. Io con il mio amore vi insegnerò la semplicità della vita e la ricchezza della Misericordia e vi guiderò a mio Figlio. La strada verso Lui può essere difficile e dolorosa, ma non abbiate paura; io sarò con voi. Le mie mani vi sosterranno fino alla fine, fino alla gioia eterna e perciò non abbiate paura di aprirvi a me. Vi ringrazio. Pregate per i sacerdoti. Mio Figlio ve li ha donati.

omelia a cura della Comunità Missionaria Villaregia (giovani)

"Io non sono solo, perché il Padre è con me". La solitudine fa paura, pesa. L'uomo è essenzialmente un essere in relazione, la sua persona e il suo carattere si sviluppano proprio a contatto con gli altri. Gli studiosi dicono che se il bambino viene lasciato solo, senza le cure della madre e dle padre non si sviluppa rmoniosamente. L'esperienza di abbandono è tragica in tutte le età. Si racconta che Charles de Foucauld in Africa era andato a trovare il consolo francese, che si fece attendere a lungo. Quando alla fine il Console potè riceverlo si scusò dicendo: "Perdonatemi se vi ho lasciato solo così a lungo". "Non sono mai solo, gli rispose Charles de Foucauld. Ad imitazione di Gesù egli era sempre con il Padre. trascorse numerosi anni completamente solo, abbandonato in Dio.
Gesù allora ci presenta una solitudine divina da ricercare, la solitudine che ci permette di rimanere da soli con il Padre. E' la solitudine di tanti monaci, monache, persone consacrate, che hanno ritrovato nella solitudine il modo di stare più profondamente con tutti gli altri, avere nel cuore e nella mente i problemi del mondo, senza che questi soffochino l'uomo, ma perché siano depositati nel cuore del Padre.
Si legge nel nostro Libro di Vita:
"Nell'esperienza di silenzio,
di profonda solitudine con Dio
troviamo l'inizio e il senso dell'incontro con i fratelli,
dell'apertura all'altro, della relazione con l'altro-Altro."
Non dunque una solitudine fine a sè stessa, una solitudine che è fuga, ma uno spazio che creiamo in noi affinché il Padre possa trovare ospitalità e con lui i fratelli.
E' questa solitudine una delle più alte forme di accoglienza.

lunedi 5 maggio

I santi di oggi:

San Gottardo di Hildesheim Vescovo

San Brittone di Treviri Vescovo

Sant' Eutimio di Alessandria Martire

San Nicezio di Vienne Vescovo

San Gioviniano Martire

San Sacerdote di Limoges Vescovo

Sant' Avertino

San Leo (Leone) di Africo Eremita

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, i discepoli dissero a Gesù: “Ecco, adesso parli chiaramente e non fai più uso di similitudini. Ora conosciamo che sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio”.
Rispose loro Gesù: “Adesso credete? Ecco, verrà l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!”.

Parola del Signore

mercoledì 30 aprile 2008

Omelia a cura di Mons. Vincenzo Paglia

Gesù sembra non voler terminare di parlare ai discepoli. Siamo ormai al termine della cena e dice: "Ancora molte cose ho da dirvi, ma non potete portarne il peso, per ora". Non c'è rimprovero in queste parole. Del resto li aveva scelti personalmente e ne conosceva bene i limiti. E quella sera non lo nasconde: li ritiene ancora incapaci di portare il peso del Vangelo. Gesù però non ha bisogno di sapienti, non è in cerca di potenti e di forti a cui affidare la sua missione. Anzi, sembra fare il contrario. La sua parola, infatti, non è una dottrina alta o un'ideologia complessa che solo pochi sono in grado di comprendere e di approfondire. La sua "dottrina" è un'energia che riempie il cuore e trasforma la vita, e che tutti possono accogliere e vivere. È chiesto soltanto di lasciarla operare, di non frenarla. Il Signore ha parlato loro dell'odio del mondo e delle persecuzioni che avrebbero dovuto subire: "Poiché vi ho detto questo - continua Gesù - la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è meglio per voi che io parta; perché, se non parto, il Paraclito non verrà a voi. Se invece me ne vado, lo manderò a voi". Gesù non abbandona quelle persone alla loro incapacità; invierà lo Spirito Santo perché le sostenga, le consoli, le conforti, le custodisca e le illumini. È lo Spirito che rende vive e operanti le parole evangeliche.

Mercoledi 30

I santi di oggi:


San Pio V (Antonio Ghislieri) Papa - Memoria Facoltativa

San Giuseppe Benedetto Cottolengo Sacerdote - Comune

San Mercuriale di Forlì Vescovo

San Donato di Evorea Vescovo

Sant' Eutropio di Saintes Vescovo

San Pomponio di Napoli Vescovo

Santi Diodoro e Rodopiano Martiri

Sant' Augulo Vescovo


+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà”.

Parola del Signore

martedì 29 aprile 2008

Omelia dell'eremo di San Biagio

La liturgia, oggi, ci propone la grande figura di santa Caterina da Siena. Una giovane donna vissuta in un'epoca piuttosto turbolenta. Sì, era "mezzanotte" per un'umanità che aveva smarrito la via del vangelo. Eppure, nelle tenebre che avvolgevano la società e penetravano la stessa Chiesa, c'erano uomini e donne che vegliavano con le lampade accese. Le ombre persistenti non erano riuscite a spegnere in loro la certezza della Luce. Vivevano immersi nell'"ora" di Cristo, un'ora di morte-vita, che ormai attraversa la storia con il suo decisivo trionfo. Per questo la mezzanotte non li trova appesantiti dal sonno e il grido gioioso li fa balzare in piedi, pronti ad "uscire", nel cuore della notte, incontro allo Sposo. Sì, il vangelo non invita ad un'attesa sonnolenta, segnata da calcoli prudenziali e da inconsistenti paure. Lo Sposo lo si incontra nel vivo delle situazioni, là dove la notte tende a protrarsi. Il cristiano non può essere un rintanato, che vive il più possibile lontano dalla mischia in un intimistico a tu per tu con Dio. Proprio perché figlio della luce è chiamato a immettersi nella notte, tenendo ben alta la lampada accesa, continuamente alimentata dalla preghiera. "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo" ci ricorda il Concilio. È la notte che dobbiamo condividere con tutti gli uomini, impegnandoci con loro perché presto si annunci l'alba di un nuovo giorno, di cui i nostri occhi hanno già contemplato lo splendore nel volto del Risorto.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi lascerò scuotere dall'esempio di S.Caterina. Una donna (la donna allora non contava nulla) per di più giovane e illetterata che si fa mediatrice di pace presso i potenti di allora e presso lo stesso Pontefice. Anche oggi il mondo ha estremo bisogno di pace. Io cosa faccio?

Martedi 29

I santi di oggi:


Santa Caterina da Siena Vergine e dottore della Chiesa, patrona d'Italia - Festa

San Tichico

Sant' Acardo Abate

Sant' Antonio Kim Song-u Catechista e martire

San Cristino Martire

San Severo di Napoli Vescovo

Sant' Ugo di Cluny Abate

San Torpete (Torpes, Torpè) Martire

+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”.

Parola del Signore

lunedì 28 aprile 2008

Omelia a cura dei Carmelitani

• Nei capitoli da 15 a 17 del Vangelo di Giovanni, l'orizzonte si dilata oltre il momento storico della Cena. Gesù prega il Padre "non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me" (Gv 17,20). In questi capitoli, è costante l'allusione all'azione dello Spirito nella vita delle comunità, dopo Pasqua.
• Giovanni 15,26-27: L'azione dello Spirito Santo nella vita delle comunità. La prima cosa che lo Spirito fa è dare testimonianza di Gesù: "Egli mi renderà testimonianza". Lo Spirito non è un essere spirituale senza definizione. No! E' lo Spirito della verità che viene dal Padre, sarà mandato da Gesù stesso e ci introdurrà nella verità piena (Gv 16,13). La verità piena è Gesù stesso: "Io sono la via, la verità e la vita!" (Gv 14,6). Alla fine del primo secolo, c'erano alcuni cristiani così affascinati dall'azione dello Spirito che non guardavano più Gesù. Affermavano che ora, dopo la risurrezione, non era più necessario fissare lo sguardo su Gesù di Nazaret, colui "che venne nella carne". Si allontanavano da Gesù e rimanevano solo con lo Spirito. Dicevano: "Gesù è anatema!" (1Cor 12,3). Il Vangelo di Giovanni prende posizione e non permette di separare l'azione dello Spirito dalla memoria di Gesù di Nazaret. Lo Spirito Santo non può essere isolato con una grandezza indipendente, separato dal mistero dell'incarnazione. Lo Spirito Santo è inseparabilmente unito al Padre ed a Gesù. E' lo Spirito di Gesù che il Padre ci manda, quello stesso Spirito che Gesù ci ha conquistato con la sua morte e risurrezione. E noi, ricevendo questo Spirito nel battesimo, dobbiamo essere il prolungamento di Gesù: "Ed anche voi darete testimonianza!" Non possiamo mai dimenticare che proprio la vigilia della sua morte Gesù ci promette lo Spirito. Nel momento in cui lui si donava per i suoi fratelli. Oggi giorno, il movimento carismatico insiste nell'azione dello Spirito, e fa molto bene. Deve insistere sempre di più, ma deve anche insistere nell'affermare che si tratta dello Spirito di Gesù di Nazaret che, per amore dei poveri e degli emarginati, fu perseguitato, detenuto e condannato a morte e che, proprio per questo, ci ha promesso il suo Spirito in modo che noi dopo la sua morte, continuassimo la sua azione e fossimo per l'umanità la stessa rivelazione dell'amore preferenziale del Padre per i poveri e gli oppressi.
• Giovanni 16,1-2: Non aver paura. Il Vangelo avverte che essere fedeli a Gesù ci porterà ad avere difficoltà. I discepoli saranno esclusi dalla sinagoga. Saranno condannati a morte. Con loro succederà la stessa cosa che è accaduta a Gesù. Per questo, alla fine del primo secolo, c'erano persone che, per evitare la persecuzione, diluivano il messaggio di Gesù trasformandolo in un messaggio gnostico, vago, senza definizione, che non contrastava con l'ideologia dell'impero. A loro si applica ciò che Paolo diceva: "Hanno paura della croce di Cristo" (Gal 6,12). E Giovanni stesso, nella sua lettera, dirà nei loro riguardi: "Poiché molti sono i seduttori che sono apparsi nel mondo, i quali non riconoscono Gesù venuto nella carne. Ecco il seduttore e l'anticristo!" (2 Gv 1,7). La stessa preoccupazione appare anche nell'esigenza di Tommaso: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò." (Gv 20,25) Il Cristo risorto che ci promise il dono dello Spirito è Gesù di Nazaret che continua ad avere fino ad oggi i segni di tortura e di croce nel suo corpo risorto.
• Giovanni 16,3-4: Non sanno quello che fanno. Tutto questo avviene "perché non riconoscono né il Padre né me". Queste persone non hanno un'immagine corretta di Dio. Hanno un'immagine vaga di Dio, nel cuore e nella testa. Il loro Dio non è il Padre di Gesù Cristo che ci raduna tutti in unità e fraternità. In fondo, è lo stesso motivo che spinse Gesù a dire: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34). Gesù fu condannato dalle autorità religiose perché, secondo la loro idea, lui aveva una falsa immagine di Dio. Nelle parole di Gesù non appare odio né vendetta, ma compassione: sono fratelli ignoranti che non sanno nulla del nostro Padre.

Lunedi 28

I santi di oggi:


Santi Pietro Chanel e Luigi Maria (Grignion) da Montfort - Memoria Facoltativa

San Pietro Chanel Sacerdote e martire - Memoria Facoltativa

San Luigi Maria (Grignion) da Montfort Sacerdote - Memoria Facoltativa

Beato Lucchese e Beata Buonadonna Sposi - Comune

Sant' Afrodisio di Beziers Vescovo

Santi Eusebio, Caralampo e compagni Martiri

Santi Paolo Pham Khac Khoan, Giovanni Battista Dinh Van Than e Pietro Nguyen Van Hieu Martiri

Santi Massimo, Dada e Quintiliano Martiri

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.
Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato”.

Parola del Signore

Messaggio del 25 aprile 2008

Cari figli, anche oggi vi invito tutti a crescere nell’amore di Dio come un fiore che sente i raggi caldi della primavera. Così anche voi, figlioli, crescete nell’amore di Dio e portatelo a tutti coloro che sono lontani da Dio. Cercate la volontà di Dio e fate del bene a coloro che Dio ha messo sul vostro cammino e siate luce e gioia. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

giovedì 24 aprile 2008

Commento a cura di don Nunzio Capizzi

Meditazione
Amore è un termine abusato. Tutti ne parlano, continuamente. Ma non è facile dire che cosa esso sia. Nell'uso corrente, esso è spesso connesso al desiderio di possedere ciò che non si ha. L'insegnamento evangelico è diverso: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16). Dio, dunque, ama di un amore diverso dal desiderio di possedere: il suo non è un amore che cerca di avere per sé, ma che dà gratuitamente a coloro che non hanno nulla. Così noi siamo accolti nell'amore di Dio, nell'amore del Padre e del Figlio, resi partecipi della vita trinitaria. Benedetto XVI, nella sua prima enciclica, riflettendo sulla relazione tra eros e agape e sul suo risvolto per l'immagine biblica di Dio, ha scritto: «l'eros di Dio per l'uomo [...] è insieme totalmente agape. Non soltanto perché viene donato del tutto gratuitamente, senza alcun merito precedente, ma anche perché è amore che perdona».
È a questo amore che Cristo si riferisce, quando dice ai suoi discepoli di restare nel suo amore, osservando i suoi comandamenti. Obbedire ai comandamenti, in altre parole, significa mettersi sulla strada di amare come Dio ama, di donare gratuitamente e di perdonare come fa lui. La conferma di vivere nel suo amore ci viene da una vita conforme a quella del Figlio di Dio incarnato: «Da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1Gv 3,16) e «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli» (1Gv 3,14).
Il "colore" dell'amore è la gioia. Come per Paolo (cfr. Gal 5,22; Rm 14,17), così anche per Giovanni (cfr., ad esempio, Gv 3,29), la gioia è un frutto della presenza di Cristo e dello Spirito Santo. Di questa gioia il brano sottolinea la pienezza (cfr., pure, Gv 17,13), aprendo il nostro cuore alla gioia senza limite, che colma l'insaziabile desiderio umano di felicità.

giovedi 24

I santi di oggi:


San Fedele da Sigmaringen Sacerdote e martire - Memoria Facoltativa

San Gregorio di Elvira Vescovo

Sant' Alessandro di Lione Martire

San Deodato di Blois Abate

San Mellito di Canterbury Arcivescovo

Santi 3 Martiri Mercedari di Parigi

San Guglielmo Firmato Eremita a Mantilly

San Vilfrido di York Vescovo

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.

Parola del Signore

mercoledì 23 aprile 2008

Omelia a cura di Mons. Vincenzo Paglia

Gesù, dicendo ai discepoli: "Io sono la vite, voi i tralci", vuole che comprendano bene il tipo di legame che c'è tra lui e i suoi. Un tralcio vive e dà frutto unicamente se resta attaccato alla vite; se venisse tagliato si seccherebbe e morirebbe. Restare legati alla vite è pertanto essenziale per i tralci. E la linfa' che la vite immette nel tralcio è detta da Gesù con queste semplici parole: "Non vi chiamo più servi... vi ho chiamati amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio ve l'ho fatto conoscere". La sostanza del legame tra Gesù e i discepoli è l'amicizia. Già Abramo venne chiamato da Dio suo "amico" e non suo servo, perché Dio non gli tenne nascosto nulla. Anche Gesù non ha servi, ma solo amici. La parola "amico" non è un'espressione logora per Gesù. Per lui è una parola impegnativa per la stessa sua vita: "Nessuno ha amore più grande di questo: dare la vita per i suoi amici", dice quella sera poco prima di morire. Gesù prova per tutti amicizia, anche per Giuda che lo sta per tradire. E se proprio si vuole trovare una preferenza, è nei confronti dei più deboli, dei poveri, dei peccatori e degli esclusi. Nessun uomo, nessuna donna per lui sono nemici; non c'è traccia di cultura del nemico nei Vangeli. Semmai c'è un'incredibile testimonianza di amicizia. I suoi discepoli sanno che questo è il tesoro che debbono vivere e comunicare.

Mercoledi 23

I santi di oggi:


Santi Giorgio, martire e Adalberto di Praga, Vescovo e martire - Memoria Facoltativa

San Giorgio Martire di Lydda - Memoria Facoltativa

Sant' Adalberto di Praga Vescovo e martire - Memoria Facoltativa

San Gerardo di Orchimont Abate di Florennes

Sant' Etelredo Re dei Sassoni Occidentali, martire

San Marolo di Milano Vescovo

Santi 48 Martiri Mercedari Francesi

San Giorgio di Suelli Vescovo

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”.

Parola del Signore

martedì 22 aprile 2008

Omelia a cura dei Monaci Benedettini Silvestrini

Gesù prendendo congedo dai suoi, li saluta nella forma abituale: "Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace". Sulle sue labbra questo saluto assume un altro significato. Il mondo, con i suoi comuni saluti, non fa' che augurare la pace; Gesù invece la dona, la comunica realmente. Inoltre la pace di Cristo è l'insieme di tutte le benedizioni messianiche della nuova alleanza. Gesù non dona una pace qualsiasi, ma la 'sua' pace. Per questo dice: "la mia pace". In primo luogo perché egli l'ha raggiunta e la raggiungerà attraverso la sua morte. In più, perché è un dono, e non un premio che essi abbiano meritato. Siccome il dono della pace che dà Gesù è lui stesso, a ragione possiamo chiamare Cristo 'nostra pace', come dice san Paolo. La pace di Dio è dono gratuito e scaturisce dal favore divino, cioè dall'amore del Padre e di Gesù per i suoi, che così sanno di essere amati e riconciliati con Dio. La pace di Cristo infonde nei credenti la lieta sicurezza della presenza permanente di lui per mezzo del suo Spirito: "Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore. Avete udito che vi ho detto: vado e ritornerò a voi". Ciò che adesso il Figlio dell'uomo deve affrontare è la prova tesagli dal "principe di questo mondo". Giuda infatti si sta avvicinando come lo strumento del male supremo, che però non potrà avere il sopravvento. In fondo l'esito di tale prova dolorosa è la dimostrazione concreta che Gesù ama il Padre e conduce a compimento, nonostante tutte le opposizioni, la missione che il Padre gli ha affidato. Ed anche i discepoli dovrebbero rallegrarsi, perché Gesù va al Padre, dal quale verranno a noi tutte le benedizioni con la sua pace. Penso che ci possa toccare in questo momento un interrogativo di fondo: l'idea di pace che alberga in noi, è quella di Cristo? La pace è essere in Dio per Cristo. Nel nostro rapporto con gli altri, vicini o lontani, dobbiamo chiederci quanto siamo attivi 'creatori di pace'? L'essere di Gesù, una pacificazione per noi davanti al Padre, passa un po' anche in noi?

Martedi 22

I santi di oggi:

Sant' Alessandra e compagni Martiri a Nicomedia

Santi Epipodio e Alessandro Martiri

San Maryahb Martire

San Leone di Sens Vescovo

Santa Senorina di Vieira Badessa

Sant' Opportuna di Seez Badessa

San Leonida Martire, padre di Origene

Sant' Abrosino Martire

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Vi lascio la pace, vi dò la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato”.

Parola del Signore

lunedì 21 aprile 2008

Omelia a cura dei Carmelitani

• Come dicevamo prima, il capitolo 14 del Vangelo di Giovanni è un bell'esempio di come si faceva la catechesi nelle comunità dell'Asia Minore alla fine del primo secolo. Mediante le domande dei discepoli e le risposte di Gesù, i cristiani formavano la loro coscienza e trovavano un orientamento per i loro problemi. In questo capitolo 14, abbiamo la domanda di Tommaso e la risposta di Gesù (Gv 14,5-7), la domanda di Filippo e la risposta di Gesù (Gv 14,8-21), e la domanda di Giuda e la risposta di Gesù (Gv 14,22-26). L'ultima frase della risposta di Gesù a Filippo (Gv 14,21) forma il primo versetto del vangelo di oggi.
• Giovanni 14,21: Io lo amerò e mi manifesterò a lui. Questo versetto presenta il riassunto della risposta di Gesù a Filippo. Filippo aveva detto: "Mostraci il Padre e questo ci basta!" (Gv 14,8). Mosè aveva chiesto a Dio: "Mostrami la tua gloria!" (Es 33,18). Dio rispose: "Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo" (Es 33,20). Il Padre non può essere mostrato. Dio abita una luce inaccessibile (1Tim 6,16). "Nessuno mai ha visto Dio" (1Gv 4,12). Ma la presenza del Padre può essere sperimentata mediante l'esperienza dell'amore. Dice la prima lettera di San Giovanni: "Chi non ama non conosce Dio, perché Dio è amore". Gesù dice a Filippo: "Chi osserva i miei comandamenti, costui mi ama. E chi mi ama sarà amato dal Padre mio. Io anche lo amerò e mi manifesterò a lui". Osservando il comandamento di Gesù, che è il comandamento dell'amore al prossimo (Gv 15,17), la persona mostra il suo amore per Gesù. E chi ama Gesù, sarà amato dal Padre e può avere la certezza che il Padre si manifesterà a lui. Nella risposta a Giuda, Gesù dirà come avviene questa manifestazione del Padre nella nostra vita.
• Giovanni 14,22: La domanda di Giuda, domanda di tutti. La domanda di Giuda: "Come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?" Questa domanda di Giuda rispecchia un problema che è reale fino ad oggi. A volte sorge in noi cristiani l'idea di essere meglio degli altri e di essere amati da Dio più degli altri. Attribuiamo a Dio distinzioni tra la gente?
• Giovanni 14,23-24: Risposta di Gesù. La risposta di Gesù è semplice e profonda. Ripete ciò che ha appena detto a Filippo. Il problema non è se noi cristiani siamo amati da Dio più degli altri, o che gli altri sono disprezzati da Dio. Questo non è il criterio per la preferenza del Padre. Il criterio della preferenza del Padre è sempre lo stesso: l'amore. " "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole". Indipendentemente dal fatto che la persona sia o no cristiana, il Padre si manifesta a tutti coloro che osservano il comandamento di Gesù che è l'amore per il prossimo (Gv 15,17). In cosa consiste la manifestazione del Padre? La risposta a questa domanda è stampata nel cuore dell'umanità, nell'esperienza umana universale. Osserva la vita delle persone che praticano l'amore e fanno della loro vita un dono agli altri. Esamina la loro esperienza. Indipendentemente dalla religione, dalla classe, dalla razza o dal colore, la pratica dell'amore ci dà una pace profonda ed una grande gioia che riescono a vivere insieme al dolore ed alla sofferenza. Questa esperienza è il riflesso della manifestazione del Padre nella vita delle persone. E' la realizzazione della promessa: "Io ed il Padre mio vivremo in lui e prenderemo dimora in lui.
• Giovanni 14,25-26: La promessa dello Spirito Santo. Gesù termina la sua risposta a Giuda dicendo: "Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Gesù comunica tutto ciò che ha udito dal Padre (Gv 15,15). Le sue parole sono fonte di vita e devono essere meditate, approfondite ed attualizzate costantemente alla luce della realtà sempre nuova che ci avvolge. Per questa meditazione costante delle sue parole, Gesù ci promette l'aiuto dello Spirito Santo: "Il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto. "

Lunedi 21

I santi di oggi:


Sant' Anselmo d'Aosta Vescovo e dottore della Chiesa - Memoria Facoltativa

San Corrado (Giovanni Evangelista) Birndorfer da Parzham Cappuccino - Comune

San Maelrubha di Applecross Abate

Sant' Aristo Sacerdote e martire

Sant' Apollonio di Roma Filosofo e martire

San Roman Adame Rosales Martire Messicano

Sant' Anastasio il Sinaita

Beato Bartolomeo Cerveri Sacerdote e martire

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”.
Gli disse Giuda, non l’Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?”. Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”.

Parola del Signore

venerdì 18 aprile 2008

Omelia dell'eremo di San Biagio

Come vivere questa Parola?
Tommaso è un tipo piuttosto pratico. Lo rivela in tutti i suoi interventi che sono riportati dal Vangelo. All'interno del gruppo dei più intimi, è una voce di realismo, che serve alla fede di quelli, come noi, che devono credere senza vedere. Non dà niente per scontato, anche se si tratta del Maestro. Vuole conoscere, sapere, toccare, sperimentare. Tutti atteggiamenti che sono tipici del nostro tempo, ma che nell'evangelista non risultano dissacratori perché dettati da una ricerca positiva, che ha sete di chiarezza e sa accogliere anche il mistero.
Conoscere la strada è il desiderio legittimo di chi deve intraprendere un viaggio o vuole sapere dove si sta dirigendo la persona amata. Con questa richiesta, ancora una volta Tommaso ci aiuta perché fornisce a Gesù l'occasione per pronunciare la celebre definizione: "Io sono la via, la verità, la vita".
Una risposta personale, ma che si allarga nel tempo e nello spazio e giunge sino a noi.
Ogni volta che noi sentiamo o leggiamo queste parole, possiamo immaginarci al fianco di Tommaso, davanti al Signore Gesù che ci invita a seguirlo. Lui è la strada, ma anche la meta, cioè il luogo dove sta andando: la verità e la vita. Nello stesso tempo, la domanda dell'apostolo conferisce anche a noi il diritto, per così dire, di chiedere spiegazioni a Gesù. Noi spesso non lo comprendiamo. Abbiamo il coraggio di dire: non ti comprendo, Signore, ascoltami, aiutami a capire. In tal modo, con questa franchezza che è il vero modo di pregare, di parlare con Gesù, esprimiamo la pochezza della nostra capacità di comprendere, al tempo stesso ci poniamo nell'atteggiamento fiducioso di chi si attende luce e forza da chi è in grado di donarle.

Nella pausa di preghiera di questa giornata chiederò al Signore di parlare anche con me così come ha parlato a Tommaso e di illuminare la mia mente perché le sue risposte siano accolte, comprese e diventino scelte di vita.

Le parole del Papa buono
Al di sopra di tutte le opinioni e i partiti che gitano e travagliano la società e l'umanità intera, è il vangelo che si leva.
Giovanni XXIII

Venerdi 18

I santi di oggi:


Sant' Antusa di Costantinopoli Vergine, principessa imperiale

Sant' Ursmaro Vescovo-abate di Lobbes

San Galdino Vescovo

San Pusicio Martire

Sant' Eusebio di Fano Vescovo

Santi Ermogene ed Elpidio Martiri

Santi Eleuterio ed Anzia Martiri

San Calogero di Brescia Martire

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”.
Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”.
Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.

Parola del Signore

giovedì 17 aprile 2008

Omelia di don Paolo Curtaz

Accogliere il discepolo per accogliere il Maestro e – insieme a lui – accogliere il Padre che lo ha mandato. E' un aspetto su cui riflettiamo poco quello della missione, dell'essere mandati e dell'accogliere. Della missione, anzitutto: il Signore manda ciascuno di noi a raccontare la sua Parola là dove viviamo; siamo abituati a immaginarci i missionari come delle persone "speciali", particolari, che compiono scelte radicali per condividere la vita e annunciare il Vangelo a popoli lontani. In realtà ciascuno di noi è inviato dal Signore a raccontare con la vita la sua esperienza di fede, là dove vive. Anzi, possiamo chiederci: se non sono io a parlare del Vangelo nel mio ufficio, chi ne parlerà? E' giunto il tempo, ed è questo, in cui ogni credente deve sentire forte la spinta ad annunciare la presenza di Dio e la sua immensa tenerezza. Senza fanatismi, né stranezze, sempre pronti a rendere ragione della speranza che è in noi, come direbbe san Pietro. Motore e benzina dell'annuncio resta l'incontro intimo e personale con Dio, facciamo luce solo se siamo accesi. Così oggi siamo invitati ad accogliere coloro che ci annunciano la Parola, in particolare coloro che hanno consacrato la loro vita "full time" all'annuncio del Vangelo. Rischiamo di avvicinarci alla Chiesa e alla sua esperienza con mentalità mondana, giudicando un predicatore dalla sua efficacia e dalla sua originalità; certo: occorre che noi pastori siamo sempre autentici e pronti a mettere in discussione le nostre abitudini consolidate, più attenti al vento dello Spirito che alle nostre opinioni, ma occorre che tutti nella Chiesa, fedeli laici e pastori, riconosciamo l'aspetto misterico – cioè impregnato di logica divina – del nostro vivere in comunità.

Donaci di accogliere chi ci parla del vangelo, Signore, donaci oggi di essere – almeno un poco – testimoni della tua immensa tenerezza per dare speranza all'uomo scoraggiato...

Giovedi 17

I santi di oggi:


Beata Kateri (Caterina) Tekakwitha

Santi Pietro ed Ermogene Martiri

Sant’ Acacio di Militene Vescovo

San Pantagato di Vienne Vescovo

Santi Elia, Paolo e Isidoro Martiri

Beato Giacomo da Cerqueto

San Roberto di La Chaise-Dieu Abate

San Donnano e compagni Martiri

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù disse loro: “In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: ‘‘Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno’’. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. In verità, in verità vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”.

Parola del Signore

mercoledì 16 aprile 2008

Omelia a cura dei Monaci Benedettini Silvestrini

Narra l'evangelista Giovanni: "Gesù gridò a gran voce: chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato". La sua voce è veramente il grido di Dio, pieno di passione per liberare l'uomo dalle sue ragnatele in cui si è inviluppato. Si direbbe che questa voce voglia frantumare la resistenza dei cuori, tutti intasati nelle tante faccende da fare. Si avverte la presenza di Dio nella comunità umana, e si continua a non volersene accorgere coscientemente. Credere in Gesù infatti e vederlo, significa credere e vedere colui che lo ha mandato. L'invisibile è reso visibile da Gesù, uomo "in tutto simile a noi", quale segno di condiscendenza per il genere umano, e quale segno di unità: "Io e il Padre siamo una cosa sola". Gesù riflette Dio Padre, lo avvicina all'uomo, lo fa conoscere, lo comunica. "Io sono venuto come luce nel mondo". Gesù si presenta come la luce "che illumina ogni uomo". Egli è venuto per strappare gli uomini dal mistero dell'oscurità e trasportarli nella luce. Coloro che credono in lui e lo accettano come rivelatore del Padre sono illuminati da questa luce che è egli stesso. E' la luce verso la quale camminiamo e che assicura una meta al nostro sudato girovagare. Certo che bisogna coesistere in pace, ma il Signore non è venuto soltanto per questo. Egli non si è accontentato di vivere il suo culto al Padre in silenzio nel tempio, egli ha gridato a gran voce: "Chi mi respinge e non accoglie le mie parole ha chi lo condanna. E' la parola che il Padre mi ha ordinato di pronunciare". Ora è ben vero che non tocca a noi giudicare, ma è altrettanto vero farci carico della nostra fede, della nostra testimonianza.

Mercoledi 16

I santi di oggi:


Santa Bernardetta Soubirous Vergine - Comune

San Contardo d'Este

Santa Engrazia Vergine e martire

Santi Ottato, Engrazia, Caio, Crescenzio e compagni Martiri di Saragozza

Santi Caio e Cremenzio (Crescenzo) Martiri

San Turibio di Astorga Vescovo

San Fruttuoso di Braga Vescovo

San Drogone Recluso a Sebourg

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù gridò a gran voce: “Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre.
Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo.
Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me”.

Parola del Signore

martedì 15 aprile 2008

martedi 15

I santi di oggi:


San Marone Martire

San Crescente di Mira Martire

Sant' Abbondio

Sant' Ortario Abate di Landelles

Santa Suina Vergine e martire

Santi Martiri Mercedari Redentori d’Africa

Santi Teodoro e Pausilopo (Pausilippo) Martiri

San Paterno di Avranches Vescovo

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d’inverno.
Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: “Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente”.
Gesù rispose loro: “Ve l’ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; ma voi non credete, perché non siete mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io dò loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una cosa sola”.

Parola del Signore

lunedì 14 aprile 2008

Lunedi 14

I santi di oggi:


Santa Liduina Vergine

San Frontone Abate in Egitto

Sante Bernica, Prosdoca e Domenica Martiri

Sant' Asaco (Asico) Vescovo

San Lamberto di Lione Vescovo

San Benedetto di Hermillon

San Bernardo di Tiron Abate

Santa Tomaide d'Alessandria Martire
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù: “In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei”.
Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: “In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita a l’abbiano in abbondanza”.
Parola del Signore.

lunedì 7 aprile 2008

Messaggio del 6 aprile 2008 ( Ivan )

Quando è apparsa, ha detto: “Sia lodato Gesù Cristo, cari figli miei ! ”.
“Cari figli, grazie perché anche oggi avete risposto alla mia chiamata. La Madre anche oggi gioisce con voi, guardandovi in così grande numero, il cuore della Madre è riempito con la gioia. Anche oggi vi invito: pregate con la Madre per tutti i miei piani che io desidero realizzare col mondo. La Madre prega e intercede per voi presso suo Figlio. Gioite, figli, pregate, pregate, pregate”. Alla fine dell’apparizione, la Madonna ha detto, mentre se ne andava: “Andate nella Pace, cari figli miei”.

Divorzio e aborto

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!
È con grande gioia che mi incontro con voi in occasione del Congresso Internazionale "L'olio sulle ferite". Una risposta alle piaghe dell'aborto e del divorzio, promosso dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, in collaborazione con i Knights of Columbus. Mi compiaccio con voi per la tematica che è oggetto delle vostre riflessioni di questi giorni, quanto mai attuale e complessa, e in particolare per il riferimento alla parabola del buon samaritano (Lc 10, 25-37), che avete scelto come chiave per accostarvi alle piaghe dell'aborto e del divorzio, le quali tanta sofferenza comportano nella vita delle persone, delle famiglie e della società. Sì, davvero gli uomini e le donne dei nostri giorni si trovano talvolta spogliati e feriti, ai margini delle strade che percorriamo, spesso senza che nessuno ascolti il loro grido di aiuto e si accosti alla loro pena, per alleviarla e curarla. Nel dibattito, spesso puramente ideologico, si crea nei loro confronti una specie di congiura del silenzio. Solo nell'atteggiamento dell'amore misericordioso ci si può avvicinare per portare soccorso e permettere alle vittime di rialzarsi e di riprendere il cammino dell'esistenza.In un contesto culturale segnato da un crescente individualismo, dall'edonismo e, troppo spesso, anche da mancanza di solidarietà e di adeguato sostegno sociale, la libertà umana, di fronte alle difficoltà della vita, è portata nella sua fragilità a decisioni in contrasto con l'indissolubilità del patto coniugale o con il rispetto dovuto alla vita umana appena concepita ed ancora custodita nel seno materno. Divorzio e aborto sono scelte di natura certo differente, talvolta maturate in circostanze difficili e drammatiche, che comportano spesso traumi e sono fonte di profonde sofferenze per chi le compie. Esse colpiscono anche vittime innocenti: il bambino appena concepito e non ancora nato, i figli coinvolti nella rottura dei legami familiari. In tutti lasciano ferite che segnano la vita indelebilmente. Il giudizio etico della Chiesa a riguardo del divorzio e dell'aborto procurato è chiaro e a tutti noto: si tratta di colpe gravi che, in misura diversa e fatta salva la valutazione delle responsabilità soggettive, ledono la dignità della persona umana, implicano una profonda ingiustizia nei rapporti umani e sociali e offendono Dio stesso, garante del patto coniugale ed autore della vita. E tuttavia la Chiesa, sull'esempio del suo Divino Maestro, ha sempre di fronte le persone concrete, soprattutto quelle più deboli e innocenti, che sono vittime delle ingiustizie e dei peccati, ed anche quegli altri uomini e donne, che avendo compiuto tali atti si sono macchiati di colpe e ne portano le ferite interiori, cercando la pace e la possibilità di una ripresa.
A queste persone la Chiesa ha il dovere primario di accostarsi con amore e delicatezza, con premura e attenzione materna, per annunciare la vicinanza misericordiosa di Dio in Gesù Cristo. È lui infatti, come insegnano i Padri, il vero Buon Samaritano, che si è fatto nostro prossimo, che versa l'olio e il vino sulle nostre piaghe e che ci conduce nella locanda, la Chiesa, in cui ci fa curare, affidandoci ai suoi ministri e pagando di persona in anticipo per la nostra guarigione. Sì, il vangelo dell'amore e della vita è anche sempre vangelo della misericordia, che si rivolge all'uomo concreto e peccatore che noi siamo, per risollevarlo da qualsiasi caduta, per ristabilirlo da qualsiasi ferita. Il mio amato predecessore, il servo di Dio Giovanni Paolo II, di cui abbiamo appena celebrato il terzo anniversario della morte, inaugurando il nuovo santuario della Divina Misericordia a Cracovia ebbe a dire: "Non esiste per l'uomo altra fonte di speranza, al di fuori della misericordia di Dio" (17 agosto 2002). A partire da questa misericordia la Chiesa coltiva un'indomabile fiducia nell'uomo e nella sua capacità di riprendersi. Essa sa che, con l'aiuto della grazia, la libertà umana è capace del dono di sé definitivo e fedele, che rende possibile il matrimonio di un uomo e una donna come patto indissolubile, che la libertà umana anche nelle circostanze più difficili è capace di straordinari gesti di sacrificio e di solidarietà per accogliere la vita di un nuovo essere umano. Così si può vedere che i "no" che la Chiesa pronuncia nelle sue indicazioni morali e sui quali talvolta si ferma in modo unilaterale l'attenzione dell'opinione pubblica, sono in realtà dei grandi "sì" alla dignità della persona umana, alla sua vita e alla sua capacità di amare. Sono l'espressione della fiducia costante che, nonostante le loro debolezze, gli esseri umani sono in grado di corrispondere alla altissima vocazione per cui sono stati creati: quella di amare.In quella stessa occasione, Giovanni Paolo II proseguiva: "Bisogna trasmettere al mondo questo fuoco della misericordia. Nella misericordia di Dio il mondo troverà la pace". Si innesta qui il grande compito dei discepoli del Signore Gesù, che si trovano compagni di cammino con tanti fratelli, uomini e donne di buona volontà. Il loro programma, il programma del buon samaritano, è "un cuore che vede. Questo cuore vede dove c'è bisogno di amore e agisce in modo conseguente" (Enc. Deus caritas est, 31). In questi giorni di riflessione e di dialogo vi siete chinati sulle vittime colpite dalle ferite del divorzio e dell'aborto. Avete innanzitutto constatato le sofferenze, talvolta traumatiche, che colpiscono i cosiddetti "figli del divorzio", segnando la loro vita fino a renderne molto più difficile il cammino. È infatti inevitabile che quando si spezza il patto coniugale ne soffrano soprattutto i figli, che sono il segno vivente della sua indissolubilità. L'attenzione solidale e pastorale dovrà quindi mirare a far sì che i figli non siano vittime innocenti dei conflitti tra i genitori che divorziano, che sia per quanto possibile assicurata la continuità del legame con i loro genitori ed anche quel rapporto con le proprie origini familiari e sociali che è indispensabile per una equilibrata crescita psicologica e umana.
Avete anche volto la vostra attenzione al dramma dell'aborto procurato, che lascia segni profondi, talvolta indelebili nella donna che lo compie e nelle persone che la circondano, e che produce conseguenze devastanti sulla famiglia e sulla società, anche per la mentalità materialistica di disprezzo della vita, che favorisce. Quante egoistiche complicità stanno spesso alla radice di una decisione sofferta che tante donne hanno dovute affrontare da sole e di cui portano nell'animo una ferita non ancora rimarginata! Benché quanto compiuto rimanga una grave ingiustizia e non sia in sé rimediabile, faccio mia l'esortazione rivolta, nell'Enciclica Evangelium vitae, alle donne che hanno fatto ricorso all'aborto: "Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità. Se ancora non l'avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione. Allo stesso Padre e alla sua misericordia potete affidare con speranza il vostro bambino" (n. 99).
Esprimo profondo apprezzamento a tutte quelle iniziative sociali e pastorali che sono rivolte alla riconciliazione e alla cura delle persone ferite dal dramma dell'aborto e del divorzio. Esse costituiscono, insieme con tante altre forme di impegno, elementi essenziali per la costruzione di quella civiltà dell'amore, di cui mai come oggi l'umanità ha bisogno.
Nell'implorare dal Signore Dio misericordioso che vi assimili sempre più a Gesù, Buon Samaritano, perché il suo Spirito vi insegni a guardare con occhi nuovi la realtà dei fratelli che soffrono, vi aiuti a pensare con criteri nuovi e vi spinga ad agire con slancio generoso nella prospettiva di un'autentica civiltà dell'amore e della vita, a tutti imparto una speciale Benedizione Apostolica.