giovedì 17 aprile 2008

Omelia di don Paolo Curtaz

Accogliere il discepolo per accogliere il Maestro e – insieme a lui – accogliere il Padre che lo ha mandato. E' un aspetto su cui riflettiamo poco quello della missione, dell'essere mandati e dell'accogliere. Della missione, anzitutto: il Signore manda ciascuno di noi a raccontare la sua Parola là dove viviamo; siamo abituati a immaginarci i missionari come delle persone "speciali", particolari, che compiono scelte radicali per condividere la vita e annunciare il Vangelo a popoli lontani. In realtà ciascuno di noi è inviato dal Signore a raccontare con la vita la sua esperienza di fede, là dove vive. Anzi, possiamo chiederci: se non sono io a parlare del Vangelo nel mio ufficio, chi ne parlerà? E' giunto il tempo, ed è questo, in cui ogni credente deve sentire forte la spinta ad annunciare la presenza di Dio e la sua immensa tenerezza. Senza fanatismi, né stranezze, sempre pronti a rendere ragione della speranza che è in noi, come direbbe san Pietro. Motore e benzina dell'annuncio resta l'incontro intimo e personale con Dio, facciamo luce solo se siamo accesi. Così oggi siamo invitati ad accogliere coloro che ci annunciano la Parola, in particolare coloro che hanno consacrato la loro vita "full time" all'annuncio del Vangelo. Rischiamo di avvicinarci alla Chiesa e alla sua esperienza con mentalità mondana, giudicando un predicatore dalla sua efficacia e dalla sua originalità; certo: occorre che noi pastori siamo sempre autentici e pronti a mettere in discussione le nostre abitudini consolidate, più attenti al vento dello Spirito che alle nostre opinioni, ma occorre che tutti nella Chiesa, fedeli laici e pastori, riconosciamo l'aspetto misterico – cioè impregnato di logica divina – del nostro vivere in comunità.

Donaci di accogliere chi ci parla del vangelo, Signore, donaci oggi di essere – almeno un poco – testimoni della tua immensa tenerezza per dare speranza all'uomo scoraggiato...

Nessun commento: