giovedì 24 aprile 2008

Commento a cura di don Nunzio Capizzi

Meditazione
Amore è un termine abusato. Tutti ne parlano, continuamente. Ma non è facile dire che cosa esso sia. Nell'uso corrente, esso è spesso connesso al desiderio di possedere ciò che non si ha. L'insegnamento evangelico è diverso: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16). Dio, dunque, ama di un amore diverso dal desiderio di possedere: il suo non è un amore che cerca di avere per sé, ma che dà gratuitamente a coloro che non hanno nulla. Così noi siamo accolti nell'amore di Dio, nell'amore del Padre e del Figlio, resi partecipi della vita trinitaria. Benedetto XVI, nella sua prima enciclica, riflettendo sulla relazione tra eros e agape e sul suo risvolto per l'immagine biblica di Dio, ha scritto: «l'eros di Dio per l'uomo [...] è insieme totalmente agape. Non soltanto perché viene donato del tutto gratuitamente, senza alcun merito precedente, ma anche perché è amore che perdona».
È a questo amore che Cristo si riferisce, quando dice ai suoi discepoli di restare nel suo amore, osservando i suoi comandamenti. Obbedire ai comandamenti, in altre parole, significa mettersi sulla strada di amare come Dio ama, di donare gratuitamente e di perdonare come fa lui. La conferma di vivere nel suo amore ci viene da una vita conforme a quella del Figlio di Dio incarnato: «Da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1Gv 3,16) e «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli» (1Gv 3,14).
Il "colore" dell'amore è la gioia. Come per Paolo (cfr. Gal 5,22; Rm 14,17), così anche per Giovanni (cfr., ad esempio, Gv 3,29), la gioia è un frutto della presenza di Cristo e dello Spirito Santo. Di questa gioia il brano sottolinea la pienezza (cfr., pure, Gv 17,13), aprendo il nostro cuore alla gioia senza limite, che colma l'insaziabile desiderio umano di felicità.

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