mercoledì 23 aprile 2008

Omelia a cura di Mons. Vincenzo Paglia

Gesù, dicendo ai discepoli: "Io sono la vite, voi i tralci", vuole che comprendano bene il tipo di legame che c'è tra lui e i suoi. Un tralcio vive e dà frutto unicamente se resta attaccato alla vite; se venisse tagliato si seccherebbe e morirebbe. Restare legati alla vite è pertanto essenziale per i tralci. E la linfa' che la vite immette nel tralcio è detta da Gesù con queste semplici parole: "Non vi chiamo più servi... vi ho chiamati amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio ve l'ho fatto conoscere". La sostanza del legame tra Gesù e i discepoli è l'amicizia. Già Abramo venne chiamato da Dio suo "amico" e non suo servo, perché Dio non gli tenne nascosto nulla. Anche Gesù non ha servi, ma solo amici. La parola "amico" non è un'espressione logora per Gesù. Per lui è una parola impegnativa per la stessa sua vita: "Nessuno ha amore più grande di questo: dare la vita per i suoi amici", dice quella sera poco prima di morire. Gesù prova per tutti amicizia, anche per Giuda che lo sta per tradire. E se proprio si vuole trovare una preferenza, è nei confronti dei più deboli, dei poveri, dei peccatori e degli esclusi. Nessun uomo, nessuna donna per lui sono nemici; non c'è traccia di cultura del nemico nei Vangeli. Semmai c'è un'incredibile testimonianza di amicizia. I suoi discepoli sanno che questo è il tesoro che debbono vivere e comunicare.

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