martedì 26 giugno 2007

Messaggio da Medjugorie del 25 giugno

"Cari figli, anche oggi con grande gioia nel mio cuore vi invito alla conversione. Figlioli, non dimenticate che siete tutti importanti in questo grande piano che Dio porta avanti attraverso Medjugorje. Dio desidera convertire il mondo intero e chiamarlo alla salvezza e al cammino verso di Lui che è il principio e la fine di ogni essere. In modo speciale, figlioli, vi invito tutti dal profondo del mio cuore: apritevi a questa grande grazia che Dio vi dà attraverso la mia presenza qui. Desidero ringraziare ciascuno di voi per i sacrifici e le preghiere. Sono con voi e vi benedico tutti. Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

martedì 19 giugno 2007

Ricentrare tutto sul nazareno

Tratto da "l'avvenire" di Geninazzi L.

Papa Ratzinger rilancia lo spirito d'Assisi. Lo fa da quella piazza della Basilica Inferiore dove Giovanni Paolo II aveva invocato la pace insieme ai leader religiosi di tutto il mondo. «Tacciano le armi, cessino i conflitti che insanguinano la Terra!», è l'appello «pressante e accorato» di Benedetto XVI che riecheggia quello elevato dal suo predecessore nel gennaio del 2002: «Mai più guerra, mai più violenza, mai più terrorismo!».
Ad Assisi domenica mattina ci è sembrato di percepire non solo una continuità spirituale ma una sorta di sovrapposizione fisica tra la figura di Benedetto XVI e quella di Giovanni Paolo II. Lo stesso grido di condanna, lo stesso sentimento d'angoscia per tutti coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa delle guerre, la stessa drammatica supplica ad ascoltare le ragioni dell'altro. Perché, oggi più di ieri, tutto s'aggroviglia in una micidiale spirale di violenza e dall'Iraq alla Palestina, passando attraverso il Libano, la guerra civile rischia di dilagare in tutto il Medio Oriente.
«Per mettere fine a tanto dolore e ridare vita e dignità a persone, istituzioni e popoli» ecco dunque l'urgente necessità di «un dialogo responsabile e sincero, sostenuto dal generoso sostegno della comunità internazionale». La Santa Sede non si stanca di riproporre quella «soluzione negoziata e regionale» di cui il Papa ha parlato ultimamente nel suo incontro con Bush e che sembra essere l'unica strada politicamente sensata dopo il fallimento delle strategie unilaterali e dei colpi di mano.
Benedetto XVI ha voluto esplicitamente rilanciare «l'icona di Assisi come città del dialogo e della pace». Ma lo ha fatto in un'occasione tutta particolare, nell'ottavo centenario della conversione di San Francesco, proprio per sottolineare che senza quell'evento non potrebbe esistere lo Spirito di Assisi. Se vogliamo capire fino in fondo la grandiosità del Poverello non possiamo farlo in base al suo amore per la pace e per la natura. «Francesco è un ve ro maestro in queste cose ma lo è a partire da Cristo», nota il Papa che denuncia l'uso improprio dello Spirito di Assisi per diffondere ecologismi e pacifismi di vario tipo.
Nello stile chiaro e diretto, tipico del pontificato ratzingeriano, ci viene detto che «Francesco subisce una sorta di mutilazione quando lo si tira in gioco come testimone di valori pur importanti ma dimenticando che il cuore della sua vita è la scelta di Cristo». In questo modo l'anelito alla pace trova il suo fondamento essenziale nella conversione. «Non una conversione per così dire sociale ma una vera esperienza religiosa». Per questo il messaggio di San Francesco risulta tanto attuale e sconvolgente: ci ricorda che per essere davvero «uomo per gli altri» bisogna essere «un uomo di Dio». C'è bisogno di una simile testimonianza soprattutto in Terra Santa, dove San Francesco si recò nel bel mezzo di un feroce scontro di civiltà per incontrare il sultano, il nemico per eccellenza del mondo cristiano, e invitare tutti alla fratellanza. Oggi negli stessi Luoghi Santi c'è purtroppo chi usa il nome di Dio come una clava, incitando all'odio ed alla violenza. La pace ha bisogno della conversione.
Messaggio duro per i fanatici e gli integralisti che credono solo in se stessi. Ma è questo lo «Spirito di Assisi», rilanciato da Papa Ratzinger nel segno di San Francesco ed in continuità con l'intuizione profetica di Wojtyla.

mercoledì 6 giugno 2007

Preti pedofili, le falsità del video Bbc

Si confondono ad arte diritto canonico e procedimenti penali Viene presentato come «riservato» un documento del tutto pubblico. E si cerca di contrapporre Giovanni Paolo II a Ratzinger

Di Massimo Introvigne

Solo la rabbia laicista spiega perché, subito all'improvviso il documentario dell'ottobre 2006 della Bbc «Sex Crimes and the Vatican» abbia cominciato a circolare su Internet con sottotitoli italiani, e i vari Santoro abbiano cominciato ad agitarsi. Il documentario, infatti, è merce avariata: quando uscì fu subito fatto a pezzi dagli specialisti di diritto canonico, in quanto confonde diritto della Chiesa e diritto dello Stato. La Chiesa ha anche un suo diritto penale, che si occupa tra l'altro delle infrazioni commesse da sacerdoti e delle relative sanzioni, dalla sospensione a divinis alla scomunica. Queste pene non c'entrano con lo Stato, anche se potrà capitare che un sacerdote colpevole di un delitto che cade anche sotto le leggi civili sia giudicato due volte: dalla Chiesa, che lo ridurrà allo stato laicale, e dallo Stato, che lo metterà in prigione.
Il 30 aprile 2001 Papa Giovanni Paolo II (1920-2005) pubblica la lettera apostolica Sacramentorum sanctitatis tutela, con una serie di norme su quali processi penali canonici siano riservati alla giurisdizione della Congregazione per la dottrina della fede e quali ad altri tribunali vaticani o diocesani. La lettera De delictis gravioribus, firmata dal cardinale Joseph Ratzinger come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede il 18 maggio 2001 - quella presentata dalla Bbc come un documento segreto, mentre fu subito pubblicata sul bollettino ufficiale della Santa Sede e figura sul sito Internet del Vaticano - costituisce il regolamento di esecuzione delle norme fissate da Giovanni Paolo II. Il documentario al riguardo afferma tre volte il falso:
(a) presenta come segreto un documento del tutto pubblico e palese:
(b) dal momento che il "cattivo" del documentario dev'essere l'attuale Pontefice, Benedetto XVI (per i laicisti il Papa "buono" è sempre quello morto), non spiega che la De delictis gravioribus2001 ha l'unico scopo di dare esecuzione pratica alle norme promulgate con la lettera apostolica Sacramentorum sanctitatis tutela, del precedente 30 aprile, che è di Giovanni Paolo II;
(c) lascia intendere al telespettatore sprovveduto che quando la Chiesa afferma che i processi relativi a certi delicta graviora («crimini più gravi»), tra cui alcuni di natura sessuale, sono riservati alla giurisdizione della Congregazione per la dottrina della fede, intende con questo dare istruzione ai vescovi di sottrarli alla giurisdizione dello Stato e tenerli nascosti. Al contrario, è del tutto evidente che questi documenti si occupano del problema, una volta instaurato un giudizio ecclesiastico, a norma del diritto canonico, a chi spetti la competenza fra Congregazione per la dottrina della fede, che in questi casi agisce «in qualità di tribunale apostolico» (così la Sacramentorum sanctitatis tutela), e altri tribunali ecclesiastici. Questi documenti, invece, non si occupano affatto - né potrebbero, vista la loro natura, farlo - delle denunzie e dei provvedimenti dei tribunali civili degli Stati.
A chiunque conosca, anche minimamente, il funzionamento della Chiesa cattolica è evidente che quando i due documenti scrivono che «questi delitti sono riservati alla competenza esclusiva della Congregazione per la dottrina della fede» la parola «esclusiva» significa «che esclude la competenza di altri tribunali ecclesiastici» e non - come vuole far credere il documentario - «che esclude la competenza dei tribunali degli Stati, a cui terremo nascoste queste vicende anche qualora si tratti di delitti previsti e puniti delle leggi dello Stato». Non è in questione questo o quell'episodio concreto di conflitti fra Chiesa e Stati. Le due lettere dichiarano fin dall'inizio la loro portata e il loro ambito, che è quello di regolare questioni di competenza all'interno dell'ordinamento giuridic o canonico. L'ordinamento giuridico degli Stati, semplicemente, non c'entra.
Nella nota 3 della lettera della Congregazione per la dottrina della fede - ma per la verità anche nel testo della precedente lettera di Giovanni Paolo II - si cita l'istruzione Crimen sollicitationis
Questa istruzione dimenticata, "scoperta" nel 2001 solo in grazia dei nuovi documenti e oggi non più in vigore, non nasce per occuparsi della pedofilia ma del vecchio problema dei sacerdoti che abusano del sacramento della confessione per intessere relazioni sessuali con le loro penitenti. È vero che dopo essersi occupata per i primi settanta paragrafi del caso di donne penitenti che hanno una relazione sessuale con il confessore, in quattro paragrafi, dal 70 al 74, la Crimen sollicitationis, afferma l'applicabilità della stessa normativa al crimen pessimus, cioè alla relazione sessuale di un sacerdote «con una persona dello stesso sesso», e nel paragrafo 73 - per analogia con il crimen pessimus - anche ai casi (quod Deus avertat, «che Dio ce ne scampi») in cui un sacerdote dovesse avere relazioni con minori prepuberi (cum impuberibus). Il paragrafo 73 del documento è l'unico mostrato nel documentario, il quale lascia intendere che gli abusi sui bambini siano il tema principale del documento, mentre il problema non era all'ordine del giorno nel 1962 e l'istruzione gli dedica esattamente mezza riga.
Clamorosa è poi la menzogna del documentario quando afferma che la Crimen sollicitationis
L'istruzione dispone pure che i relativi processi si svolgano a porte chiuse, a tutela della riservatezza delle vittime, dei testimoni e anche degli imputati, tanto più se eventualmente innocenti. Non si tratta evidentemente dell'unico caso di processi a porte chiuse, né nell'ordinamento ecclesiastico né in quelli statuali. Quanto al carattere "segreto" del documento, menzionato nel testo, si tratta di un "segreto" giustificato dalla delicatezza della materia ma molto relativo, dal momento che fu trasmesso ai vescovi di tutto il mondo. Comunque sia, oggi il documento non è più segreto, dal momento che - stimolati dalla lettura dei documenti del 2001 - avvocati in cause contro sacerdoti accusati di pedofilia negli Stati Uniti ne chiesero alle diocesi il deposito negli atti di processi che sono diventati pubblici. Quegli avvocati speravano di trovare nella Crimen sollicitationis materiale per ampliare le loro già milionarie richieste di risarcimento dei danni: ma non trovarono nulla. Infatti, nemmeno l'istruzione Crimen sollicitationis riguarda in alcun modo la questione se eventuali attività illecite messe in atto da sacerdoti tramite l'abuso del sacramento della confessione debbano essere segnalate da chi ne venga a conoscenza alle autorità civili.
Riguarda solo le questioni di procedura per il perseguimento di questi delitti all'interno dell'ordinamento canonico, e al fine di irr ogare sanzioni canoniche ai sacerdoti colpevoli. Perfino Tom Doyle, un ex-cappellano militare che appare nel documentario, ha affermato in una lettera, del 13 ottobre 2006, a John L. Allen, che è forse il più noto vaticanista degli Stati Uniti, che «benché abbia lavorato come consulente per i produttori del documentario, temo proprio che alcune distinzioni che ho fatto a proposito del documento del 1962 siano andate perdute. Non credo né ho mai creduto che quel documento sia la prova di un complotto esplicito, nel senso convenzionale, orchestrato dai più alti responsabili del Vaticano per tenere nascosti casi di abusi sessuali perpetrati dal clero». firmata dall'allora cardinale Joseph Ratzinger come pref etto della Congregazione per la dottrina della fede il 18 maggio emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede, che allora si chiamava Sant'Uffizio, il 16 marzo 1962, durante il pontificato del Beato Giovanni XXIII (1881-1963), ben prima che alla Congregazione arrivasse lo stesso Ratzinger (che quindi, com'è ovvio, con l'istruzione non c'entra nulla; all'epoca faceva il professore di teologia in Germania). aveva lo scopo di coprire gli abusi avvolgendoli in una coltre di segretezza ta le per cui «la pena per chi rompe il segreto è la scomunica immediata». È precisamente il contrario: il paragrafo 16 impone alla vittima degli abusi di «denunciarli entro un mese» sulla base di una normativa che risale del resto al lontano anno 1741. Il paragrafo 17 estende l'obbligo di denuncia a qualunque fedele cattolico che abbia «notizia certa» degli abusi. Il paragrafo 18 precisa che chi non ottempera all'obbligo di denuncia dei paragrafi 16 e 17 «incorre nella scomunica». Dunque non è scomunicato chi denuncia gli abusi ma, al contrario, chi non li denuncia.