domenica 4 maggio 2008

omelia a cura della Comunità Missionaria Villaregia (giovani)

"Io non sono solo, perché il Padre è con me". La solitudine fa paura, pesa. L'uomo è essenzialmente un essere in relazione, la sua persona e il suo carattere si sviluppano proprio a contatto con gli altri. Gli studiosi dicono che se il bambino viene lasciato solo, senza le cure della madre e dle padre non si sviluppa rmoniosamente. L'esperienza di abbandono è tragica in tutte le età. Si racconta che Charles de Foucauld in Africa era andato a trovare il consolo francese, che si fece attendere a lungo. Quando alla fine il Console potè riceverlo si scusò dicendo: "Perdonatemi se vi ho lasciato solo così a lungo". "Non sono mai solo, gli rispose Charles de Foucauld. Ad imitazione di Gesù egli era sempre con il Padre. trascorse numerosi anni completamente solo, abbandonato in Dio.
Gesù allora ci presenta una solitudine divina da ricercare, la solitudine che ci permette di rimanere da soli con il Padre. E' la solitudine di tanti monaci, monache, persone consacrate, che hanno ritrovato nella solitudine il modo di stare più profondamente con tutti gli altri, avere nel cuore e nella mente i problemi del mondo, senza che questi soffochino l'uomo, ma perché siano depositati nel cuore del Padre.
Si legge nel nostro Libro di Vita:
"Nell'esperienza di silenzio,
di profonda solitudine con Dio
troviamo l'inizio e il senso dell'incontro con i fratelli,
dell'apertura all'altro, della relazione con l'altro-Altro."
Non dunque una solitudine fine a sè stessa, una solitudine che è fuga, ma uno spazio che creiamo in noi affinché il Padre possa trovare ospitalità e con lui i fratelli.
E' questa solitudine una delle più alte forme di accoglienza.

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